Recensione Missione Antartide di Francesco Sepioni

Missione Antartide Copertina Libro

Sessantasette giorni tra neve, ghiaccio e speranze. Potremmo definire così l’opera del dottor Francesco Sepioni, che, esattamente un anno fa, ha affrontato un’esperienza ai confini dell’impossibile, oggi raccontata in un saggio dal titolo: Missione Antartide, 67 giorni tra neve, ghiaccio ed emozioni.

Noi preferiamo parlare di speranze, perché l’autore, da sempre medico esperto e appassionato esploratore, è partito per l’Antartide nell’ottobre del 2020, cioè nell’anno della seconda, terribile ondata di Covid-19.

Selezionato tra centinaia di candidati nell’ambito del Pnra, Programma Nazionale Ricerche in Antartide, l’intrepido dottore umbro ha fatto parte della spedizione italiana incaricata di condurre studi e ricerche in una delle zone più estreme e desolate della Terra, dove non c’è spazio per la vita di un uomo, ma solo per i ghiacci.

La vicenda narrata nel libro risulta particolarmente interessante sotto molti aspetti, non solo scientifici, ma anche umani.

La missione in Antartide è durata infatti 3 mesi, da ottobre 2020, a gennaio 2021, che, nel calendario astronomico del Polo Sud coincidono con i mesi estivi.

I tre mesi dell’autore in Antartide sono stati davvero ricchi di emozioni e di avvenimenti inediti, ma anche di scoperte di elevato valore medico-scientifico e di testimonianze relative alle vicende di più stretta attualità.

In tale contesto, vale la pena citare la quarantena obbligata in Nuova Zelanda, imposta dalle restrizioni internazionali anti-covid, o lo sbigottimento dei poliziotti in aeroporto, alla scoperta che, in piena pandemia, stavano perquisendo una specie di eroe mitico, diretto là, dove nessun altro uomo vorrebbe mai trovarsi.

Il picco del sentimento e dell’emozione si raggiunge durante il viaggio nella rompighiaccio Laura Bassi, che attraversa un paesaggio artico, illuminato, in estate, da un sole perenne e colorato dalle luccicanti banchine del Mare di Ross.

In questo paesaggio incontaminato, sole, cielo e mare creano effetti ottici incredibili e si fondono in un universo unico e particolare, un mondo parallelo che ci riporta alle origini della Creazione.

Come non credere in Dio quando si vive un’esperienza così epica, quando si è chiamati a resistere oltre le proprie forze, in un ambiente, che, senza le dovute protezioni e precauzioni, potrebbe rivelarsi fatale per la salute psico-fisica di un essere umano?

In quest’avventura, l’autore non era solo, ma in compagnia degli altri membri dell’equipaggio: medici, scienziati e colleghi della base italiana e della stazione italo-francese in Antartide.

Tutti insieme, tutti scienziati e scopritori, ognuno con le proprie emozioni ed esperienze personali. Uno per tutti e tutti per uno, come direbbero i moschettieri. Insieme. È questa la parola “intrinseca” del racconto, scritto, sì, in prima persona, e corredato da stupende immagini a colori, ma rivolto agli uomini e al senso di comunità che il mondo occidentale sembra aver smarrito.

Degni di nota anche gli elementi scientifici che i lettori troveranno all’interno dei diversi capitoli, come il fatto che il Covid-19 non esiste in Antartide, perché non può sopravvivere.

In questo dettaglio emerge il profondo desiderio di speranza per un mondo senza pandemia, ma anche l’intima connessione del genere umano con la propria essenza più profonda, che si inchina alla maestosità di un paesaggio compromesso dai cambiamenti climatici e che va, quindi, salvato.

Che fine farebbe il nostro pianeta senza l’Antartide? E cosa diventeremmo senza la spettacolare visione della banchisa glaciale e dei pinguini che sorridono tra i blocchi di ghiaccio? Nulla. Forse. Ma è in quei brividi antartici che gli uomini, come l’autore, possono ritornare a vivere. E a credere che un mondo migliore sia ancora possibile. Anche quando l’oscurità ci spinge a pensare il contrario…

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